La Contact Improvisation rappresenta l’unico genere di danza che io conosca caratterizzato da un costante mutamento dello spazio circostante. Non possiamo prevedere il tipo di movimento del nostro partner (che è parte di questo spazio) e ci vediamo quindi costretti, se vogliamo mantenere la connessione (ossia la danza), a risolvere la naturale imprevedibilità di qualcosa che è al di fuori di noi. In questa prospettiva, nella Contact Improvisation ci troviamo quasi obbligati ad improvvisare, pena la perdita della connessione con il nostro compagno.
“Contact Improvisation” non costituisce semplicemente la somma dei termini “Contact” e “Improvisation”. Questi due elementi convergono per creare una nuova entità, che non circoscrive l’improvvisazione a un’esperienza puramente personale, come accade in molte altre forme, ma attiva un flusso condiviso fra più danzatori, trasformando il singolo in uno stimolo e catalizzatore di una danza condivisa.

Il corpo ospita numerosi recettori disseminati che raccolgono informazioni e le trasmettono al sistema nervoso centrale. La loro funzione primaria consiste nel informare il nostro cervello sullo stato di allungamento, compressione, distensione, flessione ed estensione di tendini, legamenti, muscoli e articolazioni, affinché possano elaborare la nostra propriocezione e determinare la nostra posizione.

Uno degli aspetti più rilevanti del sistema propriocettivo è la sua capacità di assistere e organizzare il nostro corpo in previsione del movimento successivo. Ad esempio, quando compiamo un passo, il nostro corpo inizia a organizzarsi per il passo successivo, in modo da creare una camminata fluida e continua.

Per illustrare meglio questo concetto, immaginiamo di salire una scalinata: il nostro corpo, come per la camminata, ad ogni gradino, si organizza già per il successivo. Tuttavia, se improvvisamente la luce si spegne e non ci accorgiamo al buio che la scala è terminata, il nostro sistema, avendo previsto un altro gradino (che in realtà non c’è), ci fa cadere in una sensazione di vuoto (una sorta di Gap). Come nel momento in cui solleviamo una valigia che, per un equivoco, pensavamo fosse carica, ci imbattiamo in un’illusione che ci coglie di sorpresa. La proiezione nel futuro dei modelli di movimento porta quindi il corpo in uno stato di impreparazione agli imprevisti, prevedendo situazioni che però non sempre coincidono con la realtà.

Quando tali imprevisti si presentano, il sistema nervoso, normalmente, reagisce attivando l’ortosimpatico. Immaginate la vostra reazione di fronte ad un evento come quello su descritto.

Se vi è mai capitato di affrontare una situazione critica mantenendo, contrariamente alle aspettative, la calma, è probabile che abbiate notato di aver gestito la reazione con maggiore efficacia, e forse avrete persino sorriso di fronte all’inedito modo in cui avete “improvvisato” una soluzione.

Una reazione intensa del sistema ortosimpatico di fronte all’imprevisto tende a generare decisioni caotiche, con il corpo teso e non completamente disponibile, privo della necessaria flessibilità richiesta dalla nuova situazione. Un approccio più rilassato potrebbe favorire una valutazione più accurata delle opzioni (meno costrizione nel prefrontale), consentendo all’intero corpo di muoversi organicamente e predisponendoci a una maggiore flessibilità.

La domanda sorge spontanea: come possiamo mantenere una disposizione più rilassata di fronte all’imprevisto? Ecco un altro training che consiglio a chi pratica Contact Improvisation: prendere confidenza con l’inaspettato, le sorprese e gli eventi ignoti, in modo da riuscire a tenere il parasimpatico attivo di fronte alle inevitabili novità che una danza può portarci.

Nella CI, in teoria, dovremmo sempre essere disponibili ad eventi del genere, pronti senza però essere in allerta. Rifacendoci all’esempio della scalinata, è come se fossimo costantemente consapevoli del fatto che un gradino potrebbe venire a mancare da un momento all’altro.

N.B. Un gradino mancante potrebbe rappresentare un evento potenzialmente rischioso, ma è utilizzato qui come mero esempio. Non tutti gli imprevisti sono necessariamente pericolosi.

La “predisposizione rilassata all’inaspettato” costituisce un autentico stato mentale, apparentemente paradossale ma, in realtà, capace di generare una potente condizione fisica. Si traduce in un equilibrio tra rilassatezza e vigilanza, una morbidezza che coesiste con la prontezza a scattare e reagire senza cedere alla tensione. Il propriocettivo dovrebbe essere il più possibile nel presente, libero da tensioni e pronto a riorganizzarsi velocemente ogni volta che il panorama delle posizioni cambia.

Se ad esempio, durante una Jam, due danzatori si ritrovano in una posizione inaspettata, possono decidere di:

1. Correggere l’assetto, trattando l’imprevisto come un errore e interrompendo il flusso della danza.

2. Abbracciare l’imprevisto e trasmutarlo in una nuova sequenza di movimenti, attraverso un atto spontaneo di improvvisazione e creatività.

La seconda scelta richiede che la risoluzione sia condivisa, poiché il semplice impedimento da parte di uno dei partecipanti può nuovamente turbare il flusso della connessione.

Ovviamente se c’è un accordo sul movimento tra i danzatori, cioè l’uso concordato di un pattern, la questione non si pone. Ricordo anche qui che ci possono essere mille sfumature.

Nella Contact, la scalinata rappresenta il nostro compagno e noi la siamo per lui. I gradini possono sì essere diversi da come ce li aspettiamo, ma sappiamo che in ogni caso ci sosterranno. Danzare vuol dire giocare su un livello di capacità di adattamento alla portata del nostro compagno, o poco oltre (paragrafo sul Flow).

Si creano delle volte delle magnifiche danze che sentiamo particolarmente creative. Accade quando la scalinata è fatta da entrambi i danzatori, nel presente, condivisa, e assolutamente originale. Entrambi sono in ogni momento scalinata e scalatore, in una rappresentazione parasimpatica dell’imprevisto.

Il sistema propriocettivo va allenato come qualunque altro sistema, in un ambiente sicuro, ma ai limiti della zona di confort, quel tanto che basta per richiedere la nostra presenza e non lasciarci guidare dal pilota automatico dell’inconscio.

Siamo praticamente di fronte ad una sorta di paradosso: reagiamo in modo rilassato ad un evento improvviso. Questo ci permette di tenere il corpo centrato, il movimento integrato, il cervello irrorato, la percezione attiva (tutti questi sistemi come abbiamo visto sono inibiti con l’attivazione dell’ortosimpatico) e di avere la sensazione che il tempo si allunghi.

Riguardo a quest’ultimo potere potremmo anche tradurlo come un “usare il tempo in modo più costruttivo”, magari prendendo mezzo di quel secondo che abbiamo a disposizione per organizzarci, osservare, valutare, percepire e decidere con maggiore chiarezza.

Non esiste il 100% di improvvisazione, come non è detto che una danza sia piena di imprevisti, o meglio percepiti tale. Quello che stiamo analizzando qui è un’estremizzazione al solo scopo di esaminare il meccanismo, il quale, nella realtà della danza, ha molte sfaccettature e tende a regolarsi in base alle capacità dei partecipanti.

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